Foto: locandina mostra Alphonse Mucha © Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Foto: locandina mostra Alphonse Mucha © Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Foto: locandina mostra Alphonse Mucha © Palazzo dei Diamanti, Ferrara

Ad Alphonse Mucha (Ivančice, 1860 – Praga, 1939) artista ceco, esponente di spicco dell’Art Nouveau, Palazzo dei Diamanti dedica un’articolata retrospettiva, che dà rilievo a quelle che sono le caratteristiche centrali della sua arte: la bellezza, lo spirituale e lo spirito patriottico

Il percorso allestitivo si snoda nelle sale del palazzo rinascimentale in otto sezioni (Donne-icone e muse- Mucha e la pubblicità- Lo spiritualismo-Esposizione universale di Parigi- Fama oltreoceano-Ritorno in patria- L’epopea slava—Lo stile Mucha) seguendo un iter biografico e cronologico. Nell’ala Rossetti sono esposte circa 150 opere tra manifesti, oggetti, dipinti, disegni, fotografie con l’aggiunta di una sala che regala al visitatore un’esperienza immersiva giocando con proiezioni, immagini avvolgenti di fiori e decori dell’artista moravo.

Si parte con l’affiche entrata ormai nella storia dell’arte realizzata per la pièce teatrale di Victorien Sardou, Gismonda, dove Mucha ritrae con colori pastello e profili fluidi la famosa attrice parigina Sarah Bernhardt in una silhouette allungata a grandezza naturale.  L’incontro con “la Divina” nel 1894 e questa commissione che sancirà l’inizio di un proficuo sodalizio, cambiò radicalmente la sua condizione, facendolo entrare nell’olimpo dei maestri dell’arte della cartellonistica. Nella medesima sala sono visibili le altre famose locandine frutto della collaborazione con la Bernhardt che, entusiasta per il modo di riuscire a ritrarre l’anima dei personaggi tanto d’averla “resa immortale”, gli farà firmare un contratto in qualità di disegnatore e direttore artistico che lo vedrà altresì impegnato nella realizzazione di scenografie e gioielli per altri sei anni. Nelle affiches per le rappresentazioni teatrali di La Signora delle camelie, Lorenzaccio, La Samaritana, Medea, La Tosca e Amleto, è sempre Sarah la protagonista assoluta, che si staglia elegante, icona indiscussa, incorniciata da fiori, festoni di frutta allori, motivi decorativi propri del Liberty.

Nell’arco di un ventennio, l’artista non si limiterà a ideare più di 120 manifesti, ormai entrati nell’immaginario iconografico dell’Art Nouveau, come quelli firmati per le pubblicità di biscotti, birre, cioccolata, sigarette e generi alimentari per l’infanzia (Nestlè), ma si cimenterà anche in vere e proprie campagne pubblicitarie quali quelle per il lancio del profumo Rodo (ideando anche la grafica delle etichette e il packaging) o per lo champagne Moet & Chandon (di cui inventerà anche quattro menu dalla grafica sorprendente). Realizzerà inoltre pannelli decorativi, cartoline, tessuti, gioielli e persino francobolli e banconote per la neonata Repubblica di Cecoslovacchia. Al centro non l’oggetto reclamizzato ma un’immagine femminile idealizzata, seducente, morbida, leggiadra, in cui Mucha inserisce motivi decorativi quali archi, fiori o piante, utilizzando campiture piatte ora dominate da nuance vivaci, ora da cromie dalle tinte pastello, più delicate, con profilature nere. L’artista riuscirà in breve tempo a creare un vero e proprio “Style Mucha” elevando la comunicazione commerciale in un linguaggio artistico che sarà in grado di influenzare e anticipare quello dei grafici contemporanei, seguendo un concetto non di arte fine a se stessa ma piuttosto di un’arte alla portata di tutti. E ancora non un’arte moderna “passeggera” in quanto aspirazione riduttiva, ma un’arte eterna che potesse contribuire al progresso e all’elevazione dell’umanità.

In linea con quanto detto, durante l’intero suo operato si attiverà affinché la sua arte potesse essere da stimolo e fosse in grado di rendere comprensibile la bellezza attraverso temi universali quali i fiori, la natura, le ore del giorno o le stagioni più e più volte ritratte in diverse versioni e visibili in mostra in tutta la loro magnificenza. Fermamente convinto, dunque, che questa “dovesse svolgere un ruolo fondamentale nella crescita spirituale dell’uomo poiché ne eleva lo spirito attraverso l’armonia e la bellezza verso una moralità superiore “l’artista si spese affinché accanto all’estetica trasparisse un’etica. L’aspetto mistico sviluppato grazie anche a Strindberg e l’interesse per occultismo e la Teosofia lo influenzerà profondamente facendolo avvicinare altresì all’Esoterismo e alla Massoneria. E in virtù sempre del suo anelito verso lo spiritualismo realizzerà opere intense ed enigmatiche come quelle di Le Pater, ispirate alla preghiera del Padre nostro.

Con l’approssimarsi dell’Esposizione Universale di Parigi, egli fu sommerso da proposte che lo coinvolsero in numerosi progetti: dall’allestimento del padiglione della Bosnia -Erzegovina per il quale esegue decorazioni ispirandosi all’artigianato locale a collaborazioni prestigiose come quelle con il gioielliere Georges Fouquet e la profumeria Houbigant. La fama e il particolarissimo stile gli diedero popolarità anche oltreoceano e i viaggi in America gli permisero di trovare i finanziamenti necessari (arrivati grazie al facoltoso ricco uomo d’affari Charles Richard Crane), per realizzare quella che da sempre l’artista considerava la sua missione ultima: un ciclo dedicato al popolo slavo. Tornerà in patria nel 1910 e in un primo momento inizierà a lavorare a tele dove viene messo in luce lo stile patriottico e un ritorno alle origini: gli abiti dei soggetti ritratti sono ora quelli del folklore slavo, i motivi floreali sono ispirati all’arte della Moravia, le forme circolari rievocano le aureole e geometrie che si rifanno alle architetture delle chiese barocche ceche. Dal 1912 al 1926 Mucha si dedicò anima e corpo lavorando instancabilmente alle venti tele (la più grande di 8 metri per sei) facenti parte dell’ambizioso progetto l’Epopea slava ove sono raccontati gli eventi più importanti della storia slava che al contempo divengono veicolo di un messaggio forte, di carattere più universale, quanto mai attuale. Quando le donò alla città di Praga, disse: «La conoscenza del proprio passato è il presupposto imprescindibile per la salvaguardia di questa continuità […]. Volevo parlare a modo mio allo spirito della nazione […]. Obiettivo del mio lavoro non è mai stato distruggere, ma costruire, unire; perché deve essere speranza comune che l’umanità cammini insieme e questo avverrà tanto più facilmente quanto maggiore sarà la comprensione reciproca. Sarò felice se avrò contribuito con i miei modesti mezzi a questa coesione, almeno all’interno della nostra famiglia slava. Un esempio, per tutti, ora come allora, e per sempre».

In dialogo e a conclusione di questa esposizione, si trova la mostra-dossier collocata nelle tre sale dell’ala Tisi, incentrata sul ritratto femminile ad opera di un’altra figura cardine della Bella Epoque, il ferrarese Giovanni Boldini: il visitatore potrà apprezzare circa 40 lavori tra tele, disegni e studi dove è messo in evidenza un aspetto meno conosciuto dell’artista in quanto parte della sua sfera privata. Nelle tele viene dato pieno risalto al ritratto femminile eseguito con le inconfondibili pennellate fluide e dinamiche dal Maestro che riuscì a creare un vero e proprio ideale di donna in grado di saper trasmettere accanto a eleganza e bellezza, un’idea di emancipazione e forza proprio come l’altro protagonista della mostra, Alphonse Mucha, le cui figure femminili seducenti e ammalianti divengono messaggere di una dignità e libertà senza tempo.

ALPHONSE MUCHA
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
22 marzo – 20 luglio 2025

INFO: www.palazzodiamanti.it
tel. 0532 244949 | diamanti@comune.fe.it

L’esposizione, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, è organizzata da Arthemisia, Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con la Mucha Foundation ed è curata da Tomoko Sato con il coordinamento scientifico di Francesca Villanti.

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