Foto di scena: Garrincha – Valeriano Solfiti © Malalingua © Fringe Milano Off - Milano, La Casa del Meneghino, dal 9 al 12 ottobre 2025
Foto di scena: Garrincha – Valeriano Solfiti © Malalingua © Fringe Milano Off - Milano, La Casa del Meneghino, dal 9 al 12 ottobre 2025
Foto di scena: Garrincha – Valeriano Solfiti © Malalingua © Fringe Milano Off

Fringe Milano Off

La Casa di Meneghino | Via Cuccagna 2/4 Milano
9 ottobre ore 21:00 /  10 ottobre ore 17:00 / 11 ottobre ore 19:00 /12 ottobre ore 17:00

di F. Valeriano Solfiti – Giancarlo Fares
con F. Valeriano Solfiti
Percussioni Pietro Petrosini
regia Giancarlo Fares

Una produzione Malalingua: malalinguaroma@gmail.com

La Casa di Meneghino. Via Cuccagna 2/4 Milano (Fermata Lodi, Metro M3; Fermata Viale Umbria-Via Muratori, Linea TRAM: 90; 91; 92)

biglietti disponibili a questo link

«…la rivoluzione sociale si ferma estasiata a guardare il signor Manè palleggiare, e poi riprende la marcia…»
Vinicius Moraes

Il 9 ottobre alle ore 21 per il Fringe Milano Off, alla Casa di Meneghino, va in scena “Garrincha: l’angelo dalle gambe storte”. Teatro di narrazione di due figure sul palco, il narratore – F. Valeriano Solfiti – e un percussionista – Pietro Petrosini – che danno vita uno spettacolo portato in scena, per la regia di Giancarlo Fares. Lo spettacolo sarà in scena anche il 10 ottobre alle ore 17, l’11 ottobre alle ore 19 e il 12 ottobre alle ore 17.

Lo spettacolo che si propone è di grande semplicità scenica, ma di forte impatto emotivo: soltanto un tappeto, come luogo in cui viene raccontata ed agita la storia di personaggi, luoghi, situazioni, epoche ed atmosfere, per voce di un attore, suoni e ritmi di un musicista, che interagiscono e coinvolgono lo spettatore.

Si racconta la vita di Manoel Francisco dos SantosManè, detto Garrincha, l’ala destra brasiliana degli anni ‘50 e ‘60. Un calciatore che ha avuto una storia bellissima e tragica. Nato poliomielitico, e con una gamba più corta dell’altra, Garrincha è stato definito “La Gioia del Popolo”.

Calciatore immenso, unico, ha regalato al Brasile momenti di felicità vera. Ha vinto due campionati del mondo e diversi trofei con il suo club. Garrincha faceva parte di un’altra età, un periodo in cui il calcio ancora non aveva raggiunto i livelli di professionismo che avrebbe poi raggiunto in seguito. Era un uomo che amava divertirsi, amava le donne, e di una ingenuità incredibile. Garrincha è stato sfruttato, abbandonato, dopo essere stato precedentemente innalzato a mito. Professionista quasi per caso, Manè, ha dilapidato tutti i suoi guadagni, fino a morire da solo per le strade di Rio una notte maledetta del 1983. Provarono a salvarlo, ma quella volta non ci fu niente da fare.

All’interno dello spettacolo si rincorrono figure che nel mondo del calcio sono diventate mito, come Pelè, come Nilton Santos, come Ghiggia, come Obdulio Varela, come Yashin; si racconta della sua storia d’amore con Elza Soares, la più grande cantante di Samba di quell’epoca; si racconta del declino di Manè, del suo periodo a Roma, e del suo ritorno in Brasile dove ormai era diventato solo un ricordo di se stesso, si racconta della sua Gioia e del suo dolore, e del dolore che i brasiliani hanno provato una volta che Garrincha non c’era più.

Una dichiarazione d’amore per il Gioco del calcio nella sua essenza, per il suo livello zero. Per la capacità di un singolo uomo di regalare gioia e felicità alla gente soltanto giocando. Garrincha è stato il miglior interprete di questo Gioco, suo malgrado.

La favola di Manoel Francisco dos Santos, l’ala destra che sussurrava ai passeri.
Il grande Garrincha, il bambino che anche nella vita si è trovato di fronte alla necessità di continuare a dribblare, superare persone, cose e fatti di fronte a lui per non cadere. Una vita intera passata in quella zona del campo dove non esistono regole, dove l’unica regola devi essere tu, ai margini di quella linea bianca che separa il mondo da te: la folla dal singolo, il razionale dalla follia, la morale dal cuore, la prosa dalla poesia. La gioia del popolo, così era stato soprannominato il grande Garrincha, l’uomo che ha insegnato alla gente a ridere. E quanto a riso la gente, prima con lui, poi, una volta oltrepassata quella linea, di lui. Prima osannato, innalzato a mito, poi umiliato e abbandonato, degradato a ubriacone, a poveraccio, mai abbastanza ringraziato e troppo tardi pianto. Il grande Garrincha, poeta della finta impossibile, ha insegnato al mondo tutto che il calcio è gioia, una festa, divertimento, ma soprattutto poesia, e di questa poesia è stato il miglior autore.
Un uomo, un bambino che ha deciso per tutta la vita di giocare, giocare al calcio, con le donne, con gli amici, con la vita: senza mai smettere.
La storia di un angelo, di un “diverso”, puro, una leggenda, quasi non fosse mai esistito, un tramite tra il popolo e la gioia, una storia che i nonni raccontano ai nipoti. Una storia vera, vissuta e pianta, perché ci piacerebbe tanto, oggi, un altro Garrincha

  «…voglio consigliare un’opera teatrale di calcio e di poesia, di divertimento e di commozione: Garrincha l’angelo dalle gambe storte, monologo di Franco Valeriano Solfiti (attore giovane di straordinarie qualità), percussioni di Pietro Petrosini, regia di Giancarlo Fares, aiuto regia Simona Parisini. È un lavoro strepitoso..Darwin Pastorin

Valeriano Solfiti attore, regista, drammaturgo, formatore e tecnico, appassionato di tennis e della Roma. Frequenta il liceo classico e l’università La Sapienza, facoltà di Lettere e Filosofia, indirizzo Arti e Scienze dello Spettacolo. Non si è mai laureato, ma non ha perso le speranze.
Studia recitazione alla scuola Teatro Azione di Isabella del Bianco e Cristiano Censi, e si specializza attraverso una serie di laboratori professionali (tra cui Vacis, Curino, Allegri, Arcuri).
Scrive e porta in scena nel 2002 un suo testo (l’Ultimo derby) che trova ospitalità in un piccolo teatro di Roma e rimane sei settimane in scena grazie al passaparola. Per diversi anni fa parte della compagnia Cinqueanelli Teatro diretta da Giancarlo Fares, regista dello spettacolo “Garrincha, l’angelo dalle gambe storte”, scritto e interpretato, che ha più di centocinquanta repliche al suo attivo.
Con la compagnia Malalingua, che ha fondato nel 2010, e di cui è tuttora presidente e direttore artistico, attiva dal 2010, ha portato avanti una serie di progetti tra cui  “Viva l’Italia – l’Italia che non muore”, rassegna che ha ospitato tra gli altri Giovanna Marini,  Andrea Cosentino; “55 minuti e 20 secondi” uno spettacolo sul significato del tempo, il format “Science Fiction – la scienza a teatro”, una serie di spettacoli a tema scientifico, per la divulgazione sia nelle scuole, sia tra gli adulti,  “Il sogno di Gagarin”, uno spettacolo scritto e diretto sulla caduta dell’utopia Comunista.
Dal 2013 lavora al Teatro Villa Pamphilj, come tecnico dello spazio e per otto anni tra i responsabili della programmazione teatrale.
Ha curato all’interno del Teatro diverse rassegne tra cui The Moontalker, per il cinquantenario de l’allunaggio.
È attivo sul fronte della formazione teatrale rivolta sia agli adolescenti che agli adulti non professionisti e dal 2015 è impegnato nella regia del laboratorio integrato “Bottega teatrale” che coinvolge persone con disabilità.

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