Foto: Barbara Ronchi in Psicosi delle 4:48 © Teatro Litta Milano

Benji è la trasfigurazione della solitudine della bimba, una doppia personalità celata sotto le vesti di un’amica immaginaria che la accompagnerà fino alla tarda adolescenza; è la via di fuga dal mondo perfetto che le è stato costruito attorno ma al quale non le è consentito partecipare, un doppio creato per arginare il proprio disagio ma anche una figura che le è complementare: scelta della regista, Valentina Rosati, è fare interpretare Benji a un attore. Sul palco agiscono due figure vestite uguali ma di sesso differente, due metà disomogenee e distinte che si completano e fanno parte l’una dell’altra in uno sdoppiamento di personalità che è reso visibile.

Nell’epilogo la maschera di Benji viene lasciata da parte e la protagonista è finalmente pronta ad affrontare il mondo e la realtà; nel rapporto di amore/odio tra la donna e il suo complesso doppio l’abbandono di tale maschera ha il sapore di una liberazione, di una vittoria del bene sul male, dei deboli sui forti. La scenografia dello spettacolo è spoglia, sullo sfondo disegni circensi rimandano al mondo dell’infanzia così come sembrano essere scaturiti dalla fantasia infantile gli oggetti posti su un tavolo che definisce lo spazio per i giochi della bambina; il palco disadorno diventa il luogo in cui la protagonista simuove liberamente in contrapposizione agli spazi situati all’interno delle mura domestiche dove non le è consentito agire, giocare e manifestare la propria infanzia.

Spettacolo ben riuscito con una recitazione sincopata che non lascia spazio alle pause e che finisce per diventare il flusso ininterrotto della coscienza; la rappresentazione è giocata sul ricordo e sulla memoria, e mette in luce la difficoltà di essere figli e slegarsi dalle psicosi genitoriali; l’atteggiamento erroneo dei genitori dà vita a una personalità refrattaria, psicologicamente instabile che troverà sollievo e realizzazione solo con l’allontanamento dal tetto famigliare. I racconti e i ricordi spiacevoli e dolorosi della donna talvolta sono alleggeriti da un accompagnamento musicale giocoso che rimanda al mondo puerile troppo spesso soffocato dagli adulti. (Lucia Spinicchia)

La differenza tra incubo e realtà diviene uguale a zero quando la natura psicotica della depressione prevale sull’oggettività dei fatti. Nel testo di Sarah Kane, Psicosi diviene un personaggio che risucchia l’anima, un’entità assoluta che conduce lentamente, ma inesorabilmente, nel vortice del delirio emozionale la ragione stessa dell’esistenza in vita. Manifesto semantico dell’autrice scomparsa nel ’99, in 4:48 Psychosis esplodono tutti i contenuti fobici dei lavori precedenti, da Blasted a Crave.

L’autrice parla di sé da fuori, come un’osservatrice esterna che descrive il proprio tormento, quasi con il sorriso sulle labbra, con molta autoironia.

Barbara Ronchi riesce eccellentemente nel suo monologo a interpretare questo stato d’animo, e il suo personaggio, senza nome, rivolgendosi al proprio analista, con molta tranquillità all’inizio e un’accesa determinazione poi, espone la propria volontà di suicidio senza cadere in alcun modo nei toni compassionevoli di chi vuole rivendicare principi, in un gioco macabro dove la morte, nell’ora definitiva, diviene respiro. (Claudio Elli)

Giudizio: ***

Produzione Litta_produzioni /Teatro Stabile delle Marche

in collaborazione con Compagnia Belteatro

Benji / Psicosi delle 4:48

Regia di Valentina Rosati

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Benji di Claire Dowie

Traduzione di Anna Maria Parnanzini

Con Silvia D’Amico, Gabriele Portoghese

Scene e costumi: Marianna Peruzzo

Luci: Camilla Piccioni

Psicosi delle 4:48 di Sarah Kane

Traduzione di Barbara Nativi

Con Barbara Ronchi

Voce: Gabriele Portoghese

Elementi scenici,costumi e musiche a cura di Belteatro

Luci: Mauro Marasà

Direttore di produzione: Marta Morico

Milano, Teatro Litta, C.so Magenta 24

Dal 20 al 22 novembre e dal 27 novembre al 2 dicembre 2012

www.teatrolitta.it