Dopo l’incidente nucleare di Fukushima, in Giappone, dopo qualche giorno il prezzo del gas era già salito del 12%, mentre quello dell’uranio era in picchiata del 20%. L’anglo-olandese Royal Dutch Shell ha inviato tempestivamente forniture straordinarie di gas naturale liquefatto verso gli impianti di rigassificazione di Tokyo. Anche Gazprom e Qatargas si sono attivate prontamente per cercare navi gasiere, sparse sul globo, da spedire in Giappone.

Come era logico attendersi, crescono i prezzi di gas sulla piazza del National Balancing Point inglese, uno dei maggiori punti di contrattazione all’interno della UE e, quindi, mercato di riferimento per il Gnl, un composto organico liquido ottenuto portando il gas naturale appena estratto a -162 °C, condizione che ne consente il trasporto per nave senza problemi.

In Europa nel 2010 sono stati utilizzati ben 76 miliardi di metri cubi di gas e quest’anno è prevedibile che una quota compresa fra i 5 e i 12 miliardi di metri cubi passerà dall’Europa al Giappone, con conseguente esplosione dei costi europei. Con gli 88 miliardi di metri cubi importati nel 2010, con cui copre il 30% del suo fabbisogno elettrico, Tokyo si conferma primo importatore mondiale di gas naturale liquefatto e conserverà sicuramente questo primato nel 2011, quando saranno necessari altri 12 miliardi di metri cubi per compensare la mancata produzione di Fukushima.

Ma la trasformazione in atto riguardo alle materie prime energetiche non è figlia solo della situazione giapponese. Ci sono all’orizzonte la probabile chiusura di 7 centrali in Germania, l’incertezza degli svizzeri su 2 reattori in fase di progetto, il blocco temporaneo di 23 centrali in via di realizzazione in Cina e di 11 annunciate in Russia. Tutto sembra volgere a favore del gas, oltre che naturalmente del carbone e delle rinnovabili, con conseguenze dirette sul rialzo del prezzo in Europa, più basso rispetto a quello del greggio a causa di un eccesso di offerta seguito alle consistenti estrazioni di gas che hanno letteralmente inondato di metano a buon prezzo il mercato statunitense, rendendo disponibili grossi quantitativi di Gnl per il resto del pianeta.

La rinuncia al nucleare comporterebbe complessivamente 1.000 miliardi di metri cubi in più di gas da qui al 2020. The cialis generic no prescription cause of ED is due to the disorder that is been faced by them. In the fight against erectile sildenafil tablets without prescription dysfunction many have turned to Canadian Pharmacies because they cannot afford to buy them here in US. These two aspects are important viagra prices online in order to help a man combat his sexual problems. Though all the invented anti-impotence drugs were designed to overcome physically-induced male impotence, which is more common among men above 60 but it is not rigid that all the companies will supply the order cialis professional effects with the requirement of you. Una quantità enorme, paragonabile alla somma delle capacità produttive delle due maggiori potenze gasiere al mondo, USA e Russia. O, in alternativa, un mix formato da 40% di gas, 40% da carbone e 20% da fonti rinnovabili, con 300 miliardi di metri cubi di gas e oltre 500 milioni di tonnellate di carbone in più, ipotesi, però, devastante dal punto di vista ambientale.

Senza dimenticare che l’incidente in Giappone potrebbe favorire anche la crescita delle rinnovabili. Nei giorni seguenti al disastro, infatti, mentre tutte le Borse mondiali subivano pesanti perdite, i titoli delle società dei settori solare ed eolico schizzavano decisamente in alto. Alcuni esempi: fra i produttori di turbine, Nordex ha guadagnato il 19% e Broadwind Energy addirittura il 24%, mentre, nel solare, la tedesca SolarWorld ha guadagnato il 23%, l’americana Sunpower l’11% e la Suntech il 10%, ribaltando, così, una serie negativa dovuta alla riduzione degli incentivi pubblici europei e in particolare italiani. Potrebbe essere davvero giunto il momento della riscossa per un settore tuttora troppo legato agli aiuti statali.