Foto: Antonin Artaud (4/9/1896-4/3/1948)
Foto: Antonin Artaud (4/9/1896-4/3/1948)

Se inquadrare Artaud in un’unica prospettiva è un’operazione vana oltre che estremamente riduttiva, eccoil PAC dare vita ad un’iniziativa multiforme dove,tra esposizione di scritti e disegni, cinema e teatro, trova spazio anche la riflessione collettiva sull’autore in forma di conferenza. Dopo la prima del giorno 10, di taglio prevalentemente psichiatrico, segue la lezione-dialogo del professor Dalla Palma, docente di storia del teatro e dello spettacolo all’università di Pavia, nonché fondatore del CRT di Milano, che, di fronte alla difficoltà del pubblico contemporaneo di conoscere un personaggio così complicato e troppo spesso ignorato o affrontato in modo superficiale, intraprende un viaggio attraverso l’opera di Artaud per riscoprirne i motivi, per individuare la sorgente comune da cui le manifestazioni artistiche dell’autore attingono la propria straordinaria energia.
Il cammino intrapreso non può che ricondurre di continuo alle stesse inquietanti forze ed energie, in una circolarità tra partenza e arrivo che si risolve nel punto in cui arte e vita si scontrano: perché se tradizionalmente l’artista è tentato dall’avvicinamento dei due poli fino alla loro completa sovrapposizione, al punto di farne una sintesi dialettica, Artaud si spinge oltre, giungendo alla violenta combustione degli elementi. Fusione destinata a rimanere inespressa se non trova il modo di realizzarsi anche a livello comunicativo, con il superamento dello scarto radicale tra parola e vissuto: Artaud, abile ascoltatore di se stesso, si percepisce in modo chiaro e profondo, ma vive la tragedia dell’impossibilità di esprimersi con quell’incisività necessaria a portare a senso l’esperienza.
Risultano così insoddisfacenti le prime esperienze teatrali, quelle condivise con il gruppo surrealista e le successive, nell’ambito del teatro Alfred Jarry: sulla scena l’inesprimibile si concretizza nella figura dell’attore che, nella logica tradizionale del teatro europeo, attua la mediazione tra senso e rappresentazione.
Alla ricerca di una più diretta rappresentazione del sé, Artaud trova una concreta alternativa al teatro occidentale in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1931, dove ha modo di conoscere il teatro balinese; la coscienza dell’inadeguatezza di una forma teatrale che è ancorata alla pagina fa tutt’uno con la percezione delle straordinarie potenzialità di un teatro che invece è capace di superare i limiti del pensiero discorsivo, restituendo in immagini non mediate le emozioni, il vissuto.
Il teatro balinese, annullando lo scarto tra senso e rappresentazione, permette l’incarnarsi del senso in segni che manifestano qualcosa che trascende la loro stessa forma, elevandosi così ad una dimensione metafisica.
La parola è superata in una tensione verso il tempo e il luogo in cui essa stessanon esiste, al di là di logica e pensiero razionale: la sua ambizione a delimitare il senso entro precisi confini, infatti, impedisce di cogliere quest’ultimo nel suo aspetto profondo, poiché la cellula originaria ne risulta mascherata.
Facendo propri molti aspetti del teatro balinese, Artaud giunge alla concezione di teatro della crudeltà, in cuidimensione misterica e superamento della parola razionale conducono al riconoscimento del senso ultimo e dell’origine della vita. Crudeltà significa sovvertire le leggi del teatro, significa elevare le energie create durante la performance al punto in cui diventano segno; significa infine palpitazione evidente, manifestazione delle forze profonde che l’attore vive in prima persona, e non per conto dell’autore.
La creazione infatti non è più frutto della mente dell’autore ma ricchezza oggettiva, immensa concretezza che si manifesta nello spazio reale.
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Chi volesse oggi ridare vita al suo teatro, dovrebbe riprendere una ricerca che ponga fine alla rappresentazione per arrivare alla totale coincidenza di uomo e attore: quello di Artaud, pur essendo continuamente accidentato dal trascendimento del vissuto sul manifestato, è un percorso in direzione delle origini, del mistero, cui è profondamente legato da una lucida follia.

IL CORPO FERITO – La ricerca delle origini

Conferenza a cura del Prof. Sisto Della Palma

presso il PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea

Milano, 16 gennaio 2006