Foto: copertina libroIl destino del razzismo è quello di essere sempre in bilico tra il ridicolo e il mostruoso. Forse per questa natura ibrida, ma pericolosamente insidiosa, il confine non è così delimitabile. Il giornalista del corriere, Gian Antonio Stella, racconta in questo libro, a onor del vero non di primissima uscita (è infatti del 2009, ndr) questo tema, purtroppo sempre attuale. Dall’odio nei cori all’interno degli stadi a quello in Rete, nella scarsa tolleranza del “diverso”, fino alle idiozie di una certa classe politica, non solo provinciale, che nella migliore delle ipotesi bolla come esagerazioni gravi affermazioni. E ce n’è per tutti. A titolo di esempio, solo in Russia, un totale di 97 omicidi di marchio xenofobo in un solo anno, o in Italia, nel 2008, 45 aggressioni e 9 omicidi, e l’anno successivo 52 aggressioni e 8 omicidi contro veri, o presunti, omosessuali, con buona pace del musicologo Paolo Buscaroli, dei parlamentari Alessandra Mussolini e Francesco Storace, i cui commenti nei loro confronti si qualificano al di là del bene e del male, e soprattutto del buon senso. La banalità del male, descritta da Anna Arendt, in un insieme magmatico in cui tutto si confonde con il suo opposto, in cui l’oggettività dimostrata si mescola con la menzogna più folle, di per sé indimostrabile. “Il ventre che ha generato Auschwitz non è ancora sterile” scriveva Berthold Brecht, e il bravo Stella, con una prosa fluida ma decisa, riesce a farci digerire questa sintesi di peggio, mostrando anziché dichiarando, e invitando sempre alla riflessione.

Non solo le terribili, e note, nefandezze compiute dal III Reich di Adolf Hitler, ma anche, e soprattutto, il terrore quotidiano dell’opera del revisionismo storico, o sempre dietro l’angolo, dalla lettura del quotidiano, in cui, per esempio, Paolo Granzotto su Il Giornale scrive: “La tirannia della penitenza dovrà pur, prima o poi, occuparsi dell’Illuminismo ed io non ne vedo l’ora”. Una dichiarazione partigiana di vendetta, a sua volta dalla discutibile tolleranza. E se da una parte proprio lo scientismo illuminista può considerarsi un’arma a doppio taglio alla base di certe strampalate teorie, come insegna lo storico George L. Mosse, alcuni temi, come questo, si possono, e si dovrebbero affrontare, con maggiore serietà.

Un Licomede per ogni epoca, e luogo, sembra essere il problema, la cui prima vittima è quella memoria, capro sacrificale da far sparire per chi vuole reinventarsi la sua storia. The job of this chemical is to reach the male’s reproductive organ and hence helps in cialis online cialis causing erection. Generic drugs are made by reputed manufacturers worldwide such http://www.secretworldchronicle.com/feed.rss buy cialis without prescription as Ranbaxy, Cipla, Teva, Dr. Medication check stock generico levitra on line According to the survey to many patients with chronic prostatitis often determined whether the disease had been cured by their own feelings. Drugs are combined so that there are few overlapping side generika viagra effects, to make the treatment more tolerable. Degli “italiani brava gente” si dovrebbe per esempio ricordare, con le parole di padre Agostino Gemelli, negli anni ’30, e da vescovi del periodo come Giovanni de Giorgis, la “missione civilizzatrice” in Eritrea attraverso l’utilizzo massivo dei gas, di 1270 tonnellate di bombe varie caricate a iprite, e di 60.000 granate per l’artiglieria caricate ad arsine. O degli inglesi, la creazione in Sudafrica, durante la Guerra dei Boeri, di campi di prigionia riservati ai coloni olandesi che nulla avevano da invidiare ai lager nazisti, o della civilissima India, dalle caste degli intoccabili, tutt’ora di fatto esistenti, o la schiavitù compiuta dagli arabi, in antitesi rispetto alla Legge Coranica.

Tutto questo quando l’arma del nazionalismo, saggiamente definito da Danilo Kiš, ne L’enciclopedia dei morti come “un pugnale puntato alla schiena del popolo” giustifica mattanze come quelle delle guerre balcaniche degli anni ’90, o prima ancora la Shoa, che non vede solamente il razzismo di bianchi su neri, o su altre razze, ma anche dei neri su neri, vedi il genocidio degli Hutu sui Tutsi, in Ruanda (approssimativamente dalle 800mila a oltre il milione di vittime, ndr), ma anche dei gialli, cinesi, su neri, e di altri gialli, giapponesi, sui gialli, cinesi, come nell’episodio del cosiddetto stupro di Nanchino. Perpetrati e compiuti con ogni possibile efferatezza non solo da eserciti occupanti, drogati da propaganda ideologica e militare, ma commessi anche da quelli che poco prima erano semplici vicini di casa, amici e compagni di scuola.

Ed è tutto sommato facile capire come si possa scivolare in un simile baratro quando, nel nostro piccolo, il professor Gianfranco Miglio, insigne giurista e politologo, e passato alla Storia come l’ideologo della Lega di Bossi, sosteneva che “l’universalismo antirazziale che vuole tutti uguali, dalla scimmia ad Einstein, è un’ideologia arrabbiata che non porta mai da nessuna parte”. Un germe, quello dell’intolleranza, che sdoganato dal professore, passa con indifferenza dal sindaco di Lampedusa Bernardino de Rubeis nei confronti delle persone di colore allo scrittore Charles Dickens, ben poco tenero con i nostri connazionali genovesi, un fiume in piena che colpisce alla pancia, e a quest’ultima parla, come il celebre titolo di Panorama, con cui “Nati per rubare”, i suoi cronisti si occupavano dei Rom. Sul fatto che, dal loro punto di vista, in alcuni casi il furto si possa considerare come rivalsa sociale sui gagiò (i non zingari, ergo noi), dall’altra è anche vero, come sottolinea l’autore, che mai come nel loro caso la proprietà di qualcuno non vale assolutamente nulla. E la prova è la periodica distruzione dei loro alloggi, e con tutto ciò che c’è dentro, dai documenti d’identità ai libri di scuola dei bambini, senza mai alcuna garanzia, ma con la solita disturbante indifferenza.

All’oggi un calo di tolleranza la si registra anche nei confronti dei mendicanti, barboni, clochard o homeless che dir si voglia, dalle ordinanze di alcuni comuni in merito all’accattonaggio, a gravissimi episodi, come quello del barbone bruciato vivo a Rimini alla fine del 2008 a Rimini da un gruppetto di ragazzi che l’hanno fatto perché annoiati (avete letto bene!).

Un girone dantesco che si strozza nella sua stessa confusione, quello descritto, dalla storia di Michael Kühnen, capo del IV Reich tedesco (niente meno che), nazista e omosessuale morto di AIDS, o di Giuseppe de Santis, “patriota” britannico, inglese solo dal 2000 (lui è di
nascita e crescita Calabrese!) con la missione di cacciare via tutti clandestini dall’isola, al presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, che negli anni ’70 si laureò a Mosca con la tesi dal titolo “Relazioni segrete tra il nazismo e i capi del movimento sionista”. Ma il delirio continua, come se non bastasse, con gli scritti dell’ex giornalista di Avvenire, Maurizio Blondet, che sul suo sito pubblica articoli con titoli come “Gli ebrei e i traffici di organi” o “Rabbi Mengele abita a New York”. Questo, naturalmente, dopo avere sostenuto la tesi secondo cui papa Giovanni paolo II, al secolo Carol Wojtyla, che ha chiesto pubblicamente perdono agli ebrei a metà degli anni ‘80 dopo secoli di persecuzioni, lo ha fatto perché era anch’egli ebreo.

“Siamo un popolo bastardo, con una lingua bastarda e una natura bastarda” e ancora “E come tutti i bastardi, incerti della loro identità, abbiamo cominciato ad aggrapparci disperatamente al concetto di purezza” dichiarò polemicamente Breyten Breytenbach il 14 marzo 1973, a Città del Capo, nel Sudafrica dell’apartheid. Che come dimostra ampiamente Stella, sembra essere un destino comune a ogni popolo.

Gian Antonio Stella – Negri, froci, giudei & co. L’eterna guerra contro l’altro – Rizzoli – € 15,60