Nonostante sia in forte crescita economica e stia entrando in modo devastante nello scenario mondiale, quando si parla, nel contesto asiatico, di fabbisogno energetico, chissà perché l’attenzione è sempre rivolta alla Cina, come se l’India non esistesse. Eppure col suo miliardo di persone copre da sola ben il 17 per cento della popolazione mondiale e tra i Paesi in via di sviluppo rappresenta una delle realtà più vantaggiose per la realizzazione di affari da parte di società estere: manodopera qualificata e a basso costo con una buona padronanza della lingua inglese, concretezza del sistema istituzionale, che punta a politiche volte a favorire gli investimenti, semplificazione delle imposte dirette e indirette, significativa riduzione delle tariffe di importazione ed infine presenza di una solida struttura bancaria e finanziaria. In vent’anni i consumi energetici indiani sono passati da 180 mtep del 1990 ai 313 del 2000, fino a raggiungere nel 2010 i 543 mtep. Questi numeri pongono il Paese tra i principali consumatori a livello mondiale di risorse energetiche primarie, con, però, un forte sbilanciamento nei confronti del carbone: nel 2009 ricopriva, infatti, il 50% dei consumi totali, mentre il 30% era rappresentato da petrolio, il 10% da gas, l’8% da idroelettrico, l’1% da nucleare e l’1% da solare ed eolico.

Attraverso una politica di diversificazione delle fonti energetiche il Governo indiano punta, nel prossimo futuro, a soddisfare l’elevata domanda energetica civile ed industriale, con una maggiore presenza del petrolio nel settore dei trasporti e del gas e del solare nella generazione elettrica, che attualmente serve soltanto il 55% della popolazione. A tal fine sarà, pertanto, indispensabile effettuare investimenti da miliardi di dollari non solo nel carbone, che rimane il fulcro del sistema energetico nazionale, ma anche nel petrolio, nel gas, nel nucleare e nelle fonti rinnovabili.

Nonostante l’elevata disponibilità di carbone, i livelli di estrazione indiani sono nettamente al di sotto di quelli di Australia e USA. Riguardo, poi, al petrolio, la produzione domestica non è mai stata sufficiente a soddisfare la domanda interna, per cui l’India è costretta a grosse importazioni soprattutto dai Paesi mediorientali. Recentemente, sostenendo l’esplorazione, politiche governative mirate puntano alla riduzione della dipendenza dai Paesi esportatori. An erection involves wholesale cialis price the co-ordination of various systems in the body called phosphodiesterase type 5. This is a basic guide to some of the treatments involve consumption of medicine, which shall stimulate blood flow in the genital area to achieve and keep an erection sufficient for pleasing moments levitra generika in the bed. Vital M-40 cheap viagra discount Capsule: It is a complete IT company that offers innovative, new-age, responsive SEO, SEM & SMO Services, Website Designing, Web Hosting services for domestic and international customers. Even better, majority of devensec.com order viagra usa these drugs are considered safe because the ingredients are always natural substances diluted many times over. Analogamente a quanto detto per carbone e petrolio, anche la presenza di gas naturale è cresciuta molto negli ultimi anni seguendo il boom dei consumi. Visto che dal 2004 la domanda di gas ha superato l’offerta e le produzioni sono in calo, si è resa obbligatoria una forte importazione di GNL, per lo più proveniente dal Qatar (75%), che comporterà da parte del Governo indiano una cospicua spesa in approvvigionamenti.

Sul fronte del nucleare il piano indiano, in linea con quello cinese, è uno dei più importanti al mondo e prevede una crescita fino a 21 GW nel 2020 e 63 GW nel 2032, per arrivare a generare nel 2050 il 25% dell’elettricità del Paese. Anche nelle rinnovabili l’India sembra avere una politica chiara, sviluppando fortemente il settore con l’obiettivo di giungere nel 2022 ad avere una potenza installata, in impianti fotovoltaici, pari a 20 GW ed espandendola ulteriormente nei successivi decenni per arrivare a superare la fonte nucleare nel 2050.

Sebbene ultimamente il Governo indiano punti ad uno sviluppo economico sostenibile, la sua posizione, così come quella di tanti Paesi in fase di sviluppo, è stata sempre ostile nei confronti della riduzione di gas climalteranti. Relativamente all’uso di combustibili fossili, la presenza di limiti porterebbe ad un contenimento dell’incremento delle emissioni al 2,7% in più rispetto ad oggi, ma al tempo stesso provocherebbe una perdita di PIL consistente e, quindi, una revisione al ribasso degli obiettivi di crescita indiani, già messi a dura prova dalla crisi mondiale in atto. Va detto, tuttavia, che le previsioni di incremento delle emissioni del 12% entro il 2020 verrebbero mitigate da alcune iniziative intraprese dal Paese negli ultimi anni a tutela dell’ambiente, in base a cui le emissioni potrebbero essere ridotte di circa il 16% entro il 2031.

Il Governo indiano si sta, infine, muovendo sul piano degli accordi bilaterali. Ha, infatti, sottoscritto una nuova partnership con gli Stati Uniti che stanzieranno 50 milioni di dollari per finanziare tecnologie energeticamente efficienti.