Foto: Christian Meyer © Alex Miozzi © 2011 puntoelinea MagazineAlla base del successo di una band che propone musica di qualità c’è sempre un’alchimia che sintetizza da una parte i testi, e dall’altra, sotto il profilo musicale, melodie, armonie e ritmi adeguati, come anche nel caso della sessione ritmica degli Elio & le Storie Tese. Puntoelineamagazine ha incontrato proprio Christian Meyer, il suo batterista, presso il centro Culturale Protestante di Milano, in via Porro Lambertenghi, 28, in occasione di un recente incontro-seminario sulla musica di cui è stato relatore.

Volendo partire dalla tua storia professionale, com’è iniziata?

A sei anni, quando ho cominciato a suonare, prima utilizzando qualsiasi cosa possibile e immaginabile, finché mio padre, grande appassionato di musica, in particolar modo di jazz, mi ha regalato la mia prima batteria. Poi con lezioni private, e tanto studio, fino ai 25 anni, quando ho iniziato a suonare professionalmente.

Perché la musica è studio, vero?

Certo. E per fare questo devi avere la passione, una scintilla che si accende dentro di te, che alimenta l’energia che ti permette prima di studiare la musica, oltre che amarla. Ed è bene ricordare che lo studio non ti ripaga immediatamente, e magari neanche in un momento successivo. A un certo punto, magari moltissimo tempo dopo, ti rendi conto che quello che non ti veniva quando studiavi lo sai fare quasi a occhi chiusi!

E nel tuo caso è diventata anche una professione…

Sì, è un lavoro fantastico. Per suonare in giro devi fare viaggi pazzeschi, suonare il giorno prima in un posto e l’indomani da tutt’altra parte, magari a centinaia di chilometri di distanza. Ma la passione per la musica è quel qualcosa che ti permette di fare quasi qualsiasi cosa. E poi con la musica scopri sempre qualcosa di nuovo ogni volta che suoni.

Tornando al jazz, a parte la tua celebre storia con gli Elii, sei considerato uno dei più importanti batteristi jazz italiani (tra le sue collaborazioni, oltre al Trio Bobo, Biba Band e la “Drummeria”, con Walter Calloni, Maxx Furian, Ellade Bandini, Paolo Pellegatti, troviamo tra gli altri, Tino Tracanna, Attilio Zanchi, Bruno De Filippi, Paolo Damiani, Antonio Farao, Mauro Negri, Enrico Rava, Gianluigi Trovesi, ndr).

Grazie! Beh, quella per il jazz è una passione (ride). Potendo, pagherei io per suonare in una big band swing! E’ che fin da piccolo ho ascoltato i grandi di questo linguaggio musicale, da Armstrong a Ellington, ma anche Count Basie, dai dischi di mio padre. Anche perché è sempre importante avere una musica di riferimento.

Adesso una domanda classica, e probabilmente scontata: perché la batteria?

Per il ritmo. Stiamo parlando della pulsione ritmica di uno strumento che ha più o meno cent’anni, e che non è altro che la fusione di grancassa, di tom (tamburi, ndr) di vario tipo, primo fra tutti il rullante alla base delle fanfare militari, dei piatti, diventati con un meccanismo il charleston (high-hat in inglese, ndr) o rimasti piatti e basta, detti crash. Al di là del fatto che non sia ancora insegnata all’interno dei conservatori (in cui la disciplina omologa è “percussioni”, ndr), la batteria ha una sua storia anche a partire dal modo con cui si tengono le bacchette. E un compito del batterista, contrariamente a quello che si pensa e che purtroppo pensano anche alcuni batteristi, è la musicalità di quello che si suona. It is extremely vital that you opt for an authentic online pharmacy, which delivers quality medications. viagra pills in canada What are the Expected Benefits of Shockwave Therapy? There is a growth in the body of buy canada viagra scientific evidence, which shockwave therapy for ED can actually help in the numerous ways. Kamagra – How should one take the medicine? It is safe http://cute-n-tiny.com/tag/alaskan-malamute/ tadalafil tablets india and efficient penis enhancement system, which can help you maintain your tool in good strength. After mixing up in the b
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Non bisogna solo pensare al ritmo, ma anche alle note e a tutto quello che si sta suonando con gli altri. E al senso delle pause, che è importante almeno altrettanto rispetto a quello che si suona.

Cosa pensi dell’insegnamento della musica a scuola, non solo alle medie ma anche negli istituti preposti?

Il presupposto sarebbe avere insegnanti pagati adeguatamente e strumenti musicali a disposizione, altrimenti fra 20 o 30 anni saremo al vuoto definitivo musicale. Un bel disastro, anche peggiore di quello a cui ci troviamo di fronte già oggi. Ma queste decisioni sono da prendere ora, o altrimenti ci ritroveremo ad avere talenti totalmente inespressi.

Dell’attuale star system che ne dici?

Se, come credo, per star system intendi la musica in TV, alla radio o comunque veicolata dai maggiori media, la mia percezione è che ci obblighino ad ascoltare solo quella che fa soldi. Una scelta imposta bella e buona, che snobba la musica migliore. Ti voglio fare un esempio: si può pensare che MTV possa trasmettere, che ne so, la musica di Louis Armstrong? Ma non solo il jazz, o la classica, ma anche il funky o il buon rock? Neanche per idea. Ripeto, se la musica non fa il soldo, e la musica migliore, quella di buon livello, non ha questa spiccata peculiarità, per la televisione o alla radio non esiste.

Però con Elio voi avete fatto letteralmente saltare il meccanismo televisivo. Quando si parla del Festival di San Remo, i primi a essere ricordati siete voi.

Con “La terra dei cachi” la nostra proposta è stato qualcosa di completamente diverso, un ventata di freschezza che ha fatto divertire gli italiani e, non solo divertire, ma anche suonare, come non capita spesso, l’orchestra dell’Ariston. E poi era un brano di spessore, pomposo…

Ma non vi hanno fatto vincere?

No, infatti, non ci hanno fatto vincere! Quello che abbiamo fatto in quel ’96 era troppo dissacrante, troppo eccessivo, veramente troppo da tutti i punti di vista. Ma credo che oggi ci farebbero vincere.

La tua professione ti porta a esibirti dal vivo praticamente sempre. Cosa ne pensi della musica dal vivo, in particolar modo in una città come Milano?

Che stiamo toccando il fondo! Non solo chi amministra questa città, e che l’ha amministrata negli ultimi dieci anni, non ha investito nulla, ma per giunta non ha fatto altro che tartassare gli imprenditori e le realtà intenzionati a farlo. Un’esagerazione che ha colpito quindi la musica dal vivo, tant’è che ormai, a conti fatti, restano il Blue Note e la Salumeria della Musica. Nessuno spazio per cave o jazz club, ma solo per l’happy hour, un fenomeno del tutto inconsistente sia dal punto di vista musicale che umano.