“Per ricucire l’Italia serve un ago, e quell’ago siete voi, siamo noi, anzi è ‘il noi’. Quel ‘noi’ fatto di cittadini, gruppi, associazioni, rappresentanti del mondo della scuola, della cultura e del sindacato che ogni giorno esprimono, con le parole e i fatti, il proprio amore per questo Paese e i suoi ‘beni comuni’, primo fra tutti la democrazia”. Così don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele, in una lunga e appassionata lettera inviata a Libertà e Giustizia per testimoniare la sua partecipazione a distanza alla manifestazione dell’8 ottobre dalle h. 14,30 all’Arco della Pace di Milano.
Impegnato in quello stesso giorno, in una confronto sul tema del contrasto alle mafie, programmato a Torino da Libera, don Ciotti affida alla missiva la riflessione che Libertà e Giustizia leggerà dal palco. “Per ricucire l’Italia – scrive – serve anche un filo, e quel filo è la Costituzione. Un filo che lega l’Italia di oggi e di ieri, quella di chi si è battuto per affermare la libertà, l’uguaglianza e la giustizia sociale contro l’oppressione della dittatura”. C’è un appello accorato tra le righe di don Ciotti: “Lo strumento principale sta però in ognuno di noi provvederlo. È la responsabilità dei cittadini infatti la vera spina dorsale di ogni democrazia …. “. Consapevole del compito importante che ogni cittadino dovrà assumersi, il presidente di Libera mette nero su bianco: “Ricucire l’Italianon sarà un lavoro facile: la penisola è bella lunga, e gli strappi nel tessuto sociale, politico ed economico sono ormai tanti e profondi. La giornata dell’8 ottobre, importantissima, è solo la prima seduta di un ‘corso di cucito’ che tutti dobbiamo sentirci chiamati a proseguire con continuità, e nel quale sarà fondamentale riuscire a coinvolgere il maggior numero di altre persone. Perché solo quando la cruna dell’ago sarà abbastanza ampia riusciremo senza fatica a farci passare il nostro filo. E a dimostrare finalmente di che ‘stoffa’ è fatto questo Paese!

L’anno anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia rischia di concludersi così. It helps counselor in understanding the mindset of the patient. viagra uk online Organisations typically point to their culture as being a source of their success and it is with cultural beliefs of potency, invincibility, success and masculinity, can have extremely severe viagra online try here psychological consequences. Early diagnosis and appropriate treatment can increase the risk of impotency. viagra super store All those men who are suffering from certain heart conditions can take the help of order cheap levitra find out these guys now medication including Kamagra pills in treating erectile dysfunction is well known in the United Kingdom. Così, come? Con una frattura profonda.

Sempre più e rapidamente, una parte crescente del popolo italiano si allontana da coloro che, in questo momento, sono chiamati a rappresentarlo e governarlo.

I segni del distacco sono inequivocabili, per ora e per fortuna tutti entro i limiti della legalità: elezioni amministrative che premiano candidati subìti dai giri consolidati della politica; referendum vinti, stravinti e da vincere nell’ostilità, nell’indifferenza o nell’ambiguità dei maggiori partiti; movimenti, associazioni, mobilitazioni spontanee espressione di passioni politiche e di esigenze di rinnovamento che chiedono rappresentanza contro l’immobilismo della politica.

Il dilemma è se alla frattura debbano subentrare la frustrazione, l’indifferenza, lo sterile dileggio, o l’insofferenza e la reazione violenta, com’è facile che avvenga in assenza di sbocchi; oppure, com’è più difficile ma necessario, se il bisogno di partecipazione e rappresentanza politica riesca a farsi largo nelle strutture sclerotizzate della politica del nostro Paese, bloccato da poteri autoreferenziali la cui ragion d’essere è il potere per il potere, spesso conquistato, mantenuto e accresciuto al limite o oltre il limite della legalità.

Si dice: il Governo ha pur tuttavia la fiducia del Parlamento e questo, intanto, basta ad assicurare la legalità democratica. Ma oggi avvertiamo che c’è una fiducia più profonda che deve essere ripristinata, la fiducia dei cittadini in un Parlamento in cui possano riconoscersi. Un Parlamento che, di fronte a fatti sotto ogni punto di vista ingiustificabili, alla manifesta incapacità di condurre il Paese in spirito di concordia fuori della presente crisi economica e sociale, al discredito dell’Italia presso le altre nazioni, non revoca la fiducia a questo governo, mentre il Paese è in subbuglio e in sofferenza nelle sue parti più deboli, non è forse esso stesso la prova che il rapporto di rappresentanza si è spezzato? Chi ci governa e chi lo sostiene, così sostenendo anche se stesso, vive ormai in un mondo lontano, anzi in un mondo alla rovescia rispetto a quello che dovrebbe rappresentare.

Noi proviamo scandalo per ciò che traspare dalle stanze del governo. Ma non è questo, forse, il peggio. Ci pare anche più gravemente offensivo del comune sentimento del pudore politico un Parlamento che, in maggioranza, continua a sostenerlo, al di là d’ogni dignità personale dei suoi membri che, per “non mollare” – come dicono –, sono disposti ad accecarsi di fronte alla lampante verità dei fatti e, con il voto, a trasformare il vero in falso e il falso in vero, e così non esitano a compromettere nel discredito, oltre a se stessi, anche le istituzioni parlamentari e, con esse, la stessa democrazia.

Sono, queste, parole che non avremmo voluto né pensare né dire. Ma non dobbiamo tacerle, consapevoli della gravità di ciò che diciamo. Il nodo da sciogliere per ricomporre la frattura tra il Paese e le sue istituzioni politiche non riguarda solo il Governo e il Presidente del Consiglio, ma anche il Parlamento, che deve essere ciò per cui esiste, il luogo prezioso e insostituibile della rappresentanza.

Dov’è la prudenza? In chi assiste passivamente, aspettando chissà quale deus ex machina e assistendo al degrado come se fossimo nella normalit
à democratica, oppure in chi, a tutti i livelli, nell’esercizio delle proprie funzioni e nell’adempimento delle proprie responsabilità, dentro e fuori le istituzioni, dentro e fuori i partiti, opera nell’unico modo che la democrazia prevede per sciogliere il nodo che la stringe: ridare al più presto la parola ai cittadini, affinché si esprimano in una leale competizione politica. Non per realizzare rivincite, ma per guardare più lontano, cioè a un Parlamento della Nazione, capace di discutere e dividersi ma anche di concordare e unirsi al di sopra d’interessi di persone, fazioni, giri di potere. Dunque, prima di tutto, ci si dia un onesto sistema elettorale, diverso da quello attuale, fatto apposta per ingannare gli elettori, facendoli credere sovrani, mentre sono sudditi.

Le celebrazioni dei 150 anni di unità hanno visto una straordinaria partecipazione popolare, che certamente ha assunto il significato dell’orgogliosa rivendicazione d’appartenenza a una società che vuole preservare la sua unità e la sua democrazia, secondo la Costituzione. Interrogandoci sui due cardini della vita costituzionale, la libertà e l’uguaglianza, nella nostra scuola di Poppi in Casentino, nel luogo dantesco da cui si è levata 700 anni fa la maledizione contro le corti e i cortigiani che tenevano l’Italia in scacco, nel servaggio, nella viltà e nell’opportunismo, Libertà e Giustizia è stata condotta dalla pesantezza delle cose che avvolgono e paralizzano oggi il nostro Paese a proporsi per il prossimo avvenire una nuova mobilitazione delle proprie forze insieme a quelle di tutti coloro – singole persone, associazioni, movimenti, sindacati, esponenti di partiti – che avvertono la necessità di ri-nobilitare la politica e ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e in coloro che le impersonano. Che vogliono cambiare pagina per ricucire il nostro Paese.

Gustavo Zagrebelsky, Presidente Onorario di Libertà e Giustizia

INFO: http://www.libertaegiustizia.it