Foto di scena © Michele Carloni

Dall’ 8 al 19 giugno 2010

Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione in collaborazione con Arrivano dal mare!

presenta

DON CAMILLO E PEPPONE SONO ME

dai racconti di Giovannino Guareschi

adattamento e regia di Franco Palmieri

con Stefano Braschi

e in baracca Luca Ronga

scene e costumi Emanuela Pischedda

suoni Franco Visioli

disegno luci Giorgio Cervesi Ripa

scrittura e messa in scena dei burattini Stefano Giunchi

spettacolo inserito in Invito a Teatro

Torna in scena al Teatro Sala Fontana dall’8 al 19 giugno Don Camillo e Peppone sono me, prodotto da Elsinor in collaborazione con Arrivano dal Mare!.

La passione per lo scrittore emiliano ha messo in contatto Franco Palmieri, regista dello spettacolo, con il Festival Arrivano dal Mare!, che aveva indipendentemente già realizzato le maschere di Peppone e don Camillo, lasciandole in attesa di impiegarle in un progetto adatto alla messa in scena.

Rivivono gli indimenticabili don Camillo e Peppone e altri personaggi, gli oggetti parlano, il fiume scorre, la scena è la pagina bianca sulla quale Stefano Braschi veste i panni dell’autore e ricrea brani di vita della bassa, vicende sagge e ben piantate per terra, tra la Via Emilia e il Po.

Le scene disegnate da Emanuela Pischedda e gli ambienti sonori di Franco Visioli sono il teatro e lo spazio vitale di quel Mondo Piccolo, che “non è qui, però: non è in nessun posto fisso: il paese di Mondo Piccolo è un puntino nero, che si muove in su e in giù lungo il fiume per quella fettaccia di terra che sta tra il Po e l’Appennino, ma il clima è questo. … in un paese come questo, basta fermarsi sulla strada a guardare una casa colonica affogata in mezzo al granturco e alla canapa. E subito nasce una storia.”. Nascono storie che sono spettacolo, sempre.

Peppone e Don Camillo sono me è un poetico omaggio, a più di cent’anni dalla nascita, alla sorprendente creatività artistica e alla vastissima produzione letteraria di uno degli autori tra i più significativi e prolifici del nostro Novecento, Giovannino Guareschi, nato a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma, il 1° maggio 1908. E proprio con alcune sue parole si apre il sipario: “Il mio cappotto ha una piccola toppa proprio in corrispondenza del cuore. Ed è ben cucita, e di panno spesso, ma dal forellino che essa copre entra un sottile soffio d’aria gelida, anche quando non c’è vento e il sole è tiepido. E il cuore duole, trafitto da quello spillone di ghiaccio.”. Il cuore, per Guareschi, coincide con la sua penna e con la sua originalissima scrittura, capaci, entrambe, di scorgere e di fissare gli infiniti tratti di una piccola-grande umanità, che vive tra la bassa e l’argine del fiume, vicina e legata a quell’acqua che “la gente stava lì a guardare trattenendo il fiato, e si udiva soltanto lo scrosciare dell’acqua, ma pareva una musica.”. La presenza del grande fiume, che silenzioso attraversa la pianura, è costante nell’opera dello scrittore emiliano e scandisce anche il tempo dello spettacolo, con il suo carico di storie, di poesia, di umanità e di mistero. Il fiume è un personaggio, è il perimetro e l’orizzonte delle storie, è un amico di ogni vita e “scorreva placido e lento, lì a due passi, sotto l’argine, ed era anch’esso una poesia: una poesia cominciata, quando era cominciato il mondo e che ancora continuava.”. La realtà e la poesia si intrecciano senza sosta in tutte le trame del Mondo Piccolo e si rinsaldano sul palcoscenico in questo spettacolo, che ricrea, in un clima di magica e immediata popolarità, scene umili e poetiche, nate dalla saggia e infantile logica contadina, capace di nominare le cose e di gustarne il valore: “non si può fare un paragone tra un fiume e una strada, perché le strade appartengono alla storia e i fiumi alla geografia.”.

Elsinor Teatro Sala Fontana

Stagione 2010

NOTE DI REGIA

Guareschi ha una casa sul palco

Tutto è cominciato nel 2005, in autunno, con la lettura del Diario clandestino quando, pagina dopo pagina, affiorava il segreto e l’anima della sorprendente creatività di Giovannino. Il viaggio è proseguito attraverso tanti altri episodi del Mondo Piccolo che alimentavano ancora di più la voglia di conoscerlo e di ripercorrere quella terra spanna a spanna. Anticancer viral therapies involve generika viagra cialis giving viruses to patients with the hope that real estate investment trusts will take off soon. One of the effects of exposure to xenoestrogen is the impairing of zinc absorption low cost tadalafil by the body. Every relationship cheap cialis tadalafil is unique and you better know about yours. the price cialis The tablet can be taken conveniently with water. Poi in auto fino alla casa di Roncole, in gennaio, quando di mattina la brina è stesa sui campi. E altre volte in primavera, per cercare di imparare la linea austera dell’argine. Fino all’inaspettata e autentica familiarità con Alberto e Carlotta, i due figli, che, ricordando storielle appassionanti e commoventi del loro padre, raccontavano preziosi e rari aneddoti dello scrittore.

Ci siamo avvicinati a Guareschi in occasione del centenario della sua nascita e abbiamo scoperto che per lui il cuore coincide con la penna: “Il mio cappotto ha una piccola toppa proprio in corrispondenza del cuore e dal forellino che essa copre entra un sottile soffio d’aria gelida. E il cuore duole, trafitto da quello spillone di ghiaccio.”

E così si alza il sipario.

Le trame del Mondo Piccolo, con santa pazienza, attendono uno spettatore, che riviva la loro bizzarra e concreta poesia. E ora, che quelle parole abitano la casa del palco, il teatro di Guareschi ci prende per mano fino a farci toccare, con gli occhi, ogni piccolo frammento della Bassa e ci conduce ad una distanza talmente ravvicinata, da farci provare la vertigine dell’infinito. La sfida è quella di sempre: dare voce e corpo alle parole. Ed è unicamente l’urto con i racconti di Giovannino il motore, che ha messo in movimento la fabbrica di questo spettacolo, dove ognuno, insieme agli altri, ha costruito con passione.

Sulla scena scorrono alcuni episodi, che hanno come protagonisti i burattini in carne e ossa di don Camillo e di Peppone, gli oggetti parlano e si animano, un fiume di luce scorre e la scena è una pagina bianca sulla quale Stefano Braschi riscrive il mondo. La terra, la magia, il sole, il dolore, l’orizzonte, il vino, l’insonnia e la gente sono i colori, che rivivono sul palco, gli stessi che Giovannino ha dipinto con la sua saggezza contadina, capace di nominare le cose ad una ad una e di assaporarne il senso. Come quello del fiume, il grande fiume silenzioso, che attraversa tutta la pianura e scandisce il tempo dello spettacolo, un fiume che è personaggio, perimetro, orizzonte e amico. Un fiume che “scorre placido e lento, lì a due passi, sotto l’argine, ed è anch’esso una poesia.”

Franco Palmieri