Foto: Caterina Murino, Paolo Calabresi, Pietro Sermonti in Dona Flor e i suoi due mariti presso il Teatro Manzoni di Milano
Foto di scena: Caterina Murino, Paolo Calabresi, Pietro Sermonti © Teatro Manzoni Milano

Jorge Amado e le “sue” donne, la fantasia del presente, l’erotismo del candore sullo sfondo dell’affresco sociale di Bahia… Dopo Gabriela, cravo e canela (Gabriella, garofano e cannella, 1958), lo scrittore brasiliano, scomparso nell’agosto 2001, scrisse nel 1966 un nuovo romanzo con protagonista una donna e la sua sfera sentimentale, Dona Flor e Seus Dois Maridos: se in Gabriela è descritto l’amore fresco e sensuale tra una giovane e bellissima mulatta del Sertão e il rispettabile proprietario dalle origini siriane di un bar, sullo sfondo della lotta politica per il controllo del cacao, in Dona Flor è più vivo il combattimento interiore fino al raggiungimento della propria completezza amorosa. L’adattamento teatrale di Emanuela Giordano vivacizza il plot narrativo pur conservando intatti l’intenzione e il testo dell’autore. La trama è semplice, eppur dotata di grande suggestione e magia: Flor (Caterina Murino), insegnante di culinaria in una scuola di sua proprietà, rimane vedova di Vadinho (Pietro Sermonti), un giocatore e alcolista che muore sulla strada d’infarto dopo essersi vestito per Carnevale con il vestito da sposa della moglie. Pressata dalla madre calcolatrice e opportunista che non sopportava il genero, viene convinta alla fine dalle amiche a uscire dal proprio guscio fatto di cucina e ricordi e accetta il corteggiamento del farmacista Teodoro (Paolo Calabresi), un uomo più anziano dell’ex marito, ma anche più pacato e religioso, e finisce per sposarlo. Flor trova in lui quella compostezza e serenità che non aveva mai avuto, e crede di aver raggiunto la felicità; tuttavia, dopo poco tempo, l’uniformità e il grigiore di Teodoro comincia a far sentire di nuovo a Flor la mancanza di Vadinho, che le appare come fantasma invisibile agli altri per corteggiarla e infilarsi nel suo letto. All’inizio combattuta tra la fedeltà al nuovo marito e l’attrazione verso lo spirito del secondo, decide infine per la propria completezza amorosa con entrambi i mariti.

La rivendicazione della carica amorosa di Flor sono per Amado il vero obiettivo, garbatamente scandaloso e provocatorio, in opposizione a una morale che vorrebbe sempre vedere la donna reprimere la propria sensualità.

Ottima l’interpretazione dei tre protagonisti, esilarante la presenza scenica della madre e in particolare delle tre amiche di Dona Flor per battute e ritmo. Lo spettacolo si può addirittura ipotizzare su più livelli: quello della vicenda che vede direttamente coinvolti Flor, sua madre e i due mariti; quella più fumettistica, con movenze che suggeriscono un richiamo futurista, delle amiche, invadenti e pettegole; quello della scenografia, semplice e al contempo importante per gusto e colori, accompagnata dalle musiche originali eseguite dal vivo dalla Bubbez Orchestra, che nell’insieme costituiscono la cartina tornasole dello stato d’animo della protagonista sullo sfondo di un Brasile che vive e pulsa con i suoi aromi, melodie e paesaggi, tessuto ideale per il realismo fantastico di Amado.

Nel finale, ecco apparire limmagine della Grande Madre Iemanjá, abbreviazione di YeYé Omo Ejà, la regina del mare sincretizzata con la Madonna, festeggiata a Bahia proprio il giorno del debutto dello spettacolo al Manzoni. Un omaggio a un culto africano, divenuto brasiliano, che evoca tutta la forza dell’amore presente nei culti pagani evocati e difesi da Amado in più occasioni, come in Teresa Batista Cansada da Guerra (Teresa Batista stanca di guerra, 1972), dove appare la figura di Iansã, un’altra figura totemica e familiare del Candomblé, religione afrobrasiliana diffusa anche in altri paesi dell’America latina.

Una pièce che diverte con intelligenza, dove tutti gli ingredienti della vita, come in una buona cucina, intervengono senza mai eccedere o predominare l’uno sull’altro, ma concorrono a creare la giusta armonia come nell’animo di Dona Flor.

Giudizio: ***

COMPAGNIA MARIO CHIOCCHIO presenta:

Dona Flor e i suoi due mariti liberamente tratto dal romanzo di Jorge Amado

Con Caterina Murino, Paolo Calabresi, Pietro Sermonti, Simonetta Cartia, Claudia Gusmano, Serena Mattace Raso, Laura Rovetti

Regia e drammaturgia di Emanuela Giordano

Musiche originali eseguite dal vivo dalla Bubbez Orchestra:

Next on the cheapest cialis why not check here list is watermelon. Branded drugs were only affordable by the high class rich people and referred as the standard drugs, whereas common man was unable to buy the branded drugs levitra best prices. You would have hop over to these guys levitra prices to work on building your immunity and removes debilities. There are many people who take certain type of drugs to treat ED, without proper medical advice from a health care provider. levitra generika 40mg

Massimo De Lorenzi, Ermanno Dodaro, Giovanna Famulari

Impianto scenico: Andrea N. Cecchini

Installazioni visive: Claudio Garofano

Coreografie: Juan Diego Puerta Lopez

Luci: Michelangelo Vitello

Abiti di scena di Caterina Murino: Dolce&Gabbana

Nel foyer, mostra fotografica Le donne di Amado a cura di Patrizia Giancotti

Milano, Teatro Manzoni, via Manzoni 42

Dal 2 al 28 febbraio 2010

www.teatromanzoni.it

Versão em português (Brasil)