Foto: Eugenio Barba (al centro) presso la Biblioteca Bernardini di Lecce © Gaia Gulizia
Foto: Eugenio Barba (al centro) presso la Biblioteca Bernardini di Lecce © Gaia Gulizia
Foto: Eugenio Barba (al centro) presso la Biblioteca Bernardini di Lecce © Gaia Gulizia

Il 14 ottobre è una giornata piovosa a Lecce, ma il sorriso giovane ed entusiasta di Eugenio Barba alla Biblioteca Bernardini illumina tutti i presenti: il grande Maestro accoglie come di consueto i suoi “ospiti”, distribuendo l’opuscolo che racconta in sintesi il progetto dei Living Archive Floating Islands, che di lì a poco sarà introdotto

Amici, seguaci, collaboratori si riuniscono in una sala che diventa il luogo di un Convivio di anime affini, accomunate dalla convinzione che il teatro possa essere il luogo immateriale deputato all’Incontro.
Eugenio Barba scherza affettuosamente con le sue attrici, che nelle sere precedenti ci hanno fatto dono di un assaggio del significato profondo di un “archivio” che vive e comunica oltre il tempo e lo spazio (Else Marie Laukvik, Iben Nagel Rasmussen, Julia Varley).

All’appuntamento di presentazione intervengono rappresentanti delle istituzioni culturali di Italia e DanimarcaMirella Schino (Professore Università Roma 3), Francesca Romana Rietti (Direttore Archivi Fondazione Barba Varley), Brizia Minerva (Responsabile sezione Archivi del Polo Biblio-museale di Lecce), Annelis Kuhlmann (Professore Università di Århus, DK), Franco Perrelli (Professore Università di Bari); ognuno porta una testimonianza che mette in luce – se ancora fosse necessario – l’immenso valore culturale di una realtà come quella dell’Odin Teatret, catalizzatore di Incontri, e creatore di rel-azioni che per il teatro sono nutrimento essenziale e materia di scena. Quando è il momento del suo intervento, Eugenio Barba lancia parole energiche, sferzanti, appassionate, che risuonano sul suo volto plastico ed espressivo.

Quella degli Archivi Viventi, esordisce, è un’avventura”, nel senso etimologico dell’andare incontro a percorsi che verranno.

L’Odin Teatret ha vissuto molti inizi, nella sua lunga storia, ed ha una relazione di lungo termine con la città di Lecce e le sue istituzioni culturali, a partire dall’Università, che nella persona di Fernando Taviani invita l’Odin Teatret nel 1973 a presentare i suoi spettacoli, dono di conoscenza per gli studenti di allora.

Segue nel 1974 l’esperienza fondamentale a Carpignano Salentino, grazie al sindaco di allora Nicola Calò, e più avanti, nel 1987, l’inaugurazione dell’ISTA (Scuola Internazionale di Antropologia Teatrale), organizzata con l’aiuto di Nicola Savarese.

Un altro inizio è stato quello della Fondazione Barba Varley, che in modo inaspettato durante una conversazione informale al teatro Koreja di Lecce riceve la promessa di 20 borse di studio per giovani compagnie teatrali da parte della Regione Puglia.

Il vero e proprio inizio dell’avventura degli Archivi Viventi, racconta Barba di rinvenirla nella realizzazione del film tratto dallo spettacolo L’Albero (Il paese dove gli alberi volano. Eugenio Barbaeigiorni dell’Odin), a opera di Jacopo Quadri e Davide Barletti.

Gli inizi sono sempre nati dall’intreccio delle rel-azioni, ed è proprio questa una delle parole chiave che informano la nuova Avventura degli Archivi Viventi “LAFLIS – Living Archive Floating Islands” alla Biblioteca Bernardini di Lecce. Ricreare quelle che sono state le relazioni in vita, attraversando il labirinto delle orme lasciate dalle esperienze vissute, è l’obiettivo di questo progetto, che grazie alla natura cinestetica del teatro, sarà un’esperienza sensoriale, viva, attiva. Immettere la memoria del passato nel presente, continua Barba, comporta un’azione fisica, un dare voce alla memoria e ai suoi documenti facendo assaporare, vedere, udire, in forma molto concreta.

Quello degli Archivi Viventi dell’Odin Teatret è un progetto che rivoluziona il concetto di archivio, spostandolo dalla polvere delle biblioteche e degli archivi istituzionali nell’esperienza viva e vissuta che “fa cadere lacrime nelle mani di chi guarda”, restituendo la stessa emozione di chi, a conclusione di uno spettacolo dell’Odin Teatret, ringrazia Eugenio Barba con un abbraccio commosso e silenzioso.
La vera sfida dell’archivio è saper trovare l’equivalente di un linguaggio che corrisponde all’impatto che dà la relazione fra attore e spettatore.

La didattica dell’Archivio Vivente, altro punto chiave del progetto, è ancora tutta da inventare, e fondamentale sarà capire come farne un linguaggio artistico, un “esperanto” comprensibile a tutti e che in ogni essere umano riesca a suscitare una reazione, un linguaggio arcaico che il saper fare dell’attore è in grado di ricreare.

La prima parte della presentazione del progetto è chiusa in bellezza dal canto intenso in dialetto salentino di Iben Nagel Rasmussen, il primo “cassetto” degli Archivi Viventi – quello di Carpignano Salentino – che Eugenio Barba “apre” davanti ai nostri occhi ammirati: sono loro, i storici attori dell’Odin Teatret, che vita natural vivente incarnano l’archivio vivo e vivente di un’esperienza del tutto peculiare nella storia del teatro mondiale.

Dopo una breve pausa Barba ci chiama energicamente a raccolta: salta su un tavolo con l’agilità di un’aquila, e ci indica la direzione nella quale proseguire perché possa esserci svelata poco alla volta la futura casa dell’archivio Odin Teatret: sette sale, “come i sette samurai e i sette vizi capitali”, scherza Eugenio Barba, che sprizza un’energia vitale e un entusiasmo del fare e dell’essere che non può che coinvolgere tutti coloro che sono attorno a lui.

Attraversiamo e percorriamo gli spazi ancora vuoti, ma già pieni di promesse, di visioni, di vita. In uno spirito di alleanza – quella che unisce i visionari – assistiamo ad un commovente video girato nella storica sede dell’Odin Teatret a Holstebro, in fase di trasloco e di nuova progettualità, dalla Danimarca alla Puglia, al Mondo.

Memoria, Trasmissione, Trasformazione, saranno le tre aree e i tre obiettivi dell’Archivio dell’Odin Teatret e delle “isole galleggianti” che hanno lasciato un segno nella storia del teatro del ventesimo secolo: far brillare gli occhi di chi guarda in modo diverso, trasformativo.

«È questa la sfida. Benvenuti fra due anni». (Eugenio Barba)

INFO: Odin Teatret 

Articolo condiviso con Profondo viaggio – Alchemica mistura